Radicchio di Verona? un ottimo tranquillante

C’era una volta un filosofo di nome Ludovico Feuerbach che accusava Hegel di aver operato, col suo assoluto idealismo, un assurdo rovesciamento: “Hegel ha posto l’uomo sulla testa, io lo riporto sui propri piedi”. Oggi, che si simpatizzi per la sinistra hegeliana di Feuerbach, o per l’idealismo radicale, non c’è dubbio che nell’immediato secondo dopoguerra (quando la generazione che aveva vissuto il conflitto tendeva a rifarsi della penuria alimentare subita, mangiando più del necessario, e ipernutrendo i propri figli, spinta anche dal boom economico degli anni cinquanta e dalla novità della produzione di cibo industriale), la naturale logica dell’alimentazione venne rovesciata: dal mangiare per vivere, al vivere per mangiare… Mentre, sempre per lo stesso sentimento di rivincita, ci si orientava quasi esclusivamente sui cibi a più elevato contenuto calorico, ricchi di grassi, zuccheri a cortissima catena, proteine animali, e prodotti dell’industria alimentare (che in quegli anni non conosceva proprio la necessità di confezionare prodotti dietetici).

Il professor Andrea Sbarbati
Il professor Andrea Sbarbati

Tali nuove abitudini comportarono l’emergere di una corrente sottoculturale del cibo, basata esclusivamente su principi di carattere edonistico, che arrivarono a sfiorare intemperanze di epoca luculliana. Una sottocultura che ha pericolosamente alterato fino ai giorni nostri la valutazione di quella che può essere comunemente considerata la “normalità” del peso-forma: “oggi sono considerati “normali” miei coetanei della mia statura, che pesano una decina di chili più di me, immaginatemi con addosso venti panetti di burro da mezzochilo in più”… ha scherzato Andrea Sbarbati presso la veronese Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere, in occasione di un recente evento organizzato in sinergia con il Consorzio del Radicchio di Verona Igp.

Solo alcuni di quelli che sono stati pargoli ipernutriti, nati dal secondo lustro degli anni cinquanta in poi, una volta svezzati, e acquisita una loro indipendenza economica e culturale, hanno cominciato a reagire, ormai insofferenti delle “sevizie” rituali subite durante l’infanzia e l’adolescenza, ogniqualvolta si dovevano sedere a tavola in famiglia: si sono informati, e cercano di seguire indicazioni alimentari più sensate. Altri invece, per reazione spropositata (questa volta di segno opposto a quella dei loro genitori), sono invece stati catturati dall’idolatria dei mannequins de la haute couture, e dalle dalle mode delle diete scriteriate, e sono caduti nella tremenda spirale del binomio anoressia-bulimia.

Di certo anche i medici di famiglia non hanno fatto gran che, e poco hanno fatto anche la scuola e i vari ministri della sanità, in fatto di buone campagne di informazione. In fondo, quando il colesterolo sale un po’ troppo, esistono comodi “farmaci” per abbassarlo… “farmaci”, quindi, che non curano… semplicemente abbassano temporaneamente il tasso della colesterolemia – ha proseguito Sbarbati – ma prima del grande sviluppo dell’industria farmaceutica, i medici basavano quasi esclusivamente le loro terapie su indicazioni concernenti il regime alimentare, al fine di restaurare l’equilibrio degli umori nell’organismo, secondo i principi della medicina aristotelica, nella quale, in fondo, non c’era solo ingenuità, ma anche qualcosa di importante, che oggi vale la pena di recuperare (naturalmente col filtro delle attuali conoscenze, le quali consentono di capire a fondo le motivazioni biochimiche e metaboliche, per le quali un alimento in certi casi è indicato, e in altri sconsigliato)”.

Prima di accennare alle più significative qualità del radicchio (mentre nei prossimi numeri scenderemo nel dettaglio dell’attività delle sue principali molecole di rilevanza metabolica), per essere equilibrati anche nell’atteggiamento di massima, bisogna sfatare alcuni miti e credenze diffusi attraverso giornali generalisti, o la stampa divulgativa di cattiva qualità che circola nel nostro paese.

Immaginiamo un cervo che si mangia uccello. Follia? No è stato visto e fotografato, ma per fare un esempio molto più ricorrente, anzi, di quotidiano riscontro, si consideri che nemmeno le mucche possono essere definite vegetariane esclusive, se si considerano i vermi e gl’insetti che si mangiano durante il pascolo: almeno qualche chilo al giorno di proteine animali… Ciò significa che tutte le argomentazioni che vengono portate a suffragio della necessità di adottare costumi alimentari estremisti, prendendo spunto da una sommaria osservazione di quanto fanno gli animali sono delle sciocchezze. Una ragionevole impostazione della dieta dovrà piuttosto basarsi sulle quantità e sulla qualità di ciò che si mangia, senza contare il vantaggio che si può trarre dalla conoscenza delle proprietà nutraceutiche degli alimenti.

Ma partiamo dall’inizio, quando l’esperienza associata all’osservazione delle proprietà dei diversi cibi che si potevano evincere dai medesimi nell’antichità, ha consentito ad Aristotele di formulare le tavole sinottiche che riportiamo in figura.

A seconda che il paziente si presentasse con sintomi corrispondenti al fenotipo collerico, melanconico, flemmatico, o sanguigno, stati patologici che venivano ricondotti all’eccesso di presenza nell’organismo delle caratteristiche di una delle quattro diverse stagioni, si interveniva per compensazione, nutrendolo con cibi associati alle caratteristiche opposte. E per questo era stata stilata altra opportuna tavola che riporta i gradi di caldo e di freddo dei diversi alimenti.

Dall’unione armonica dei quatto elementi, infatti (terra, acqua, aria, fuoco; corrispondenti alle stagioni autunno, inverno, primavera, estate), la fisica di Aristotele sosteneva che si formasse la forza (Pneuma) che consentiva la respirazione e il movimento, le cui proprietà dovevano quindi essere mantenute in equilibrio.

Nelle immagini associate a questo articolo sono riportati gli alimenti che erano considerati appartenere a una delle quattro diverse categorie.

Ma, per tornare al radicchio, varietà di cicoria notoriamente pregiata per il delizioso sapore, oltre che per le sue proprietà antiossidanti, e immunitarie, rimandiamo al prossimo numero i dettagli della biochimica di inulina, fenoli e alcaloidi, per accennare ora qualcosa di meno familiare, in quanto meno celebrato dalla stampa salutista, a proposito dei terpeni (anche per questi ultimi rimandando comunque gli opportuni approfondimenti ai prossimi nostri articoli sul radicchio).

Fenoli, alcaloidi e terpeni sono tutti prodotti del metabolismo secondario (cioè non hanno una importanza fondamentale, come, per esempio le sostanze che vanno a costruire i tessuti di cui l’organismo è costituito), ma non ci si faccia ingannare da tale classificazione: sono infatti sostanze dotate di una elevatissima e molto rilevante attività specifica, ovvero hanno la funzione biologica di favorire la sopravvivenza dell’individuo che li produce.

Orbene, il radicchio appartiene al genere Cichorium (le cicoriacee vengono chiamate anche “lattucee” siccome contengono sostanze che in chimica sono definite “lattoni”: sostanze aromatiche inserite nella formula dei terpeni). I terpeni (nel caso del radicchio sesquiterpeni) sono proprio i responsabili del suo tipico sapore amarognolo. La loro azione sull’uomo è molto interessante, perché, oltre a essere molto gradevoli al palato, agiscono da tranquillanti naturali, essendo dotati di proprietà psicoattive simili a quelle del papavero, dell’oppio… anche se, ovviamente, col radicchio non ci sarà certo pericolo di intossicarsi (non si vada però a raccogliere nei fossi per mangiarle abbondanti foglie di altre asteracee che non si conoscono).

La formula di struttura del Lactucopikrin (un sesquiterpenlattone)
La formula di struttura del Lactucopikrin (un sesquiterpenlattone)

Insomma mangiare una bella insalatona a base di radicchio (di questo se ne può mangiare a volontà) produce anche un gradevole effetto tranquillante.

Le cellule chemiosensoriali solitarie evidenziate nell'epitelio intestinale
Le cellule chemiosensoriali solitarie evidenziate nell’epitelio intestinale

Ma c’è un altro aspetto estremamente interessante che va rilevato per quanto riguarda i terpeni: il loro aroma amaro viene avvertito anche da particolari cellule gustative che sono disperse sulla mucosa intestinale, e che sono dotate di funzioni importantissime, essendo capaci di modulare l’assorbimento dei nutrienti. Sono proprio queste cellule, chiamate Solitary chemosensory cells (SCCs, o anche solitary chemoreceptor cells) ovvero “Cellule chemiosensoriali solitarie, o Cellule solitarie chemiorecettrici”, la cui attività è stata scoperta e descritta per la prima volta da Andrea Sbarbati, le quali, a contatto con i terpeni sono in grado di limitare l’assorbimento degli zuccheri il cui eccesso è notoriamente dannoso.

Vale la pena di rilevare che le cellule chemiosensoriali che appartengono al Sistema chemiosensoriale distribuito dell’intestino (così è stato battezzato da Sbarbati), agiscono in modo opposto, se captano il sapore dolce (soprattutto quello dei dolcificanti artificiali, le cui molecole bloccano sulla modalità “aperto” la porta della “pompa degli zuccheri”). Ciò significa che mettendo nel caffè, al posto del comune zucchero da cucina, le bustine dolcificanti cosiddette dietetiche, anche se con queste non si apportano direttamente calorie, per causa loro si potenzia l’assorbimento di tutte le altre molecole ipercaloriche ingerite col pasto, ottenendo un effetto esattamente contrario a quello sperato…

Per quanto riguarda i terpeni non è tutto: essi stimolando la secrezione biliare riducono l’assorbimento dei lipidi. Vedremo invece nel dettaglio nei prossimi articoli, come il radicchio contenga sostanze che: ritardano lo svuotamento gastrico, con l’effetto di consentire una migliore digestione a livello dello stomaco; mentre, a livello intestinale esso sia dotato di attività prebiotica orientata alla flora batterica proficua al mantenimento della salute dell’epitelio, e favorisca la peristalsi.

Redazione

La redazione di Scienzaveneto.it