L’uomo non è solo un prodotto termodinamico, ma è soprattutto soggetto informazionale

Per quanto riguarda le indicazioni per gli stili di vita che devono orientare alla conservazione dello stato di buona salute umana, continua a sussistere in Italia un grande disordine. La maggior parte dei medici continua a trattare la materia esclusivamente basandosi sui calcoli delle calorie ingerite e consumate; mentre, d’altro canto, sono fiorite, ormai da anni, correnti estemporanee che vorrei chiamare “di libero pensiero ideologizzante”, le quali, con atteggiamento che predica una visione olistica, spesso incorrono in gravi equivoci, contravvenendo proprio all’impostazione dichiarata.

La biochimica che sta alla base della fisiologia umana è materia estremamente complessa: nella mia libreria c’è lo splendido volume “Il mondo della cellula” (Becker-Kleinsmith-Hardin-Bertoni), settima edizione: 906 pagine (formato cm 28,5 X cm 22) solo di biochimica cellulare, a proposito della quale ovviamente resta sempre ancora molto da scoprire. Questo significa che per “fare scuola” in fatto di alimentazione con un minimo di cognizione di causa non sembra consigliabile estrapolare alcuni dati, come spesso accade, per assumere e predicare stili alimentari (più dogmatici che scientifici e non di rado estremi), ma è forse il caso, dopo essersi formati una solida base culturale, continuare ad aggiornarsi.

Ma aggiornarsi allora dove? da chi? Quali possono essere le nostre fonti attendibili? dobbiamo laurearci tutti in medicina o biotecnologia alimentare per poter mangiare sensatamente? e solo i medici possono darci i consigli corretti?

Dipende. Per rispondere subito all’ultima domanda se il nostro fisico esprime in modo molto evidente le conseguenze di una scorretta alimentazione, si può dire di certo che la cosa migliore (per non dire indispensabile) è quella di rivolgersi a un medico, al fine di non rischiare di incorrere, a causa di diete “fai da te”, oppure spregiudicatamente consigliate dalla stampa generalista, o da sedicenti dietologi, in pericoli anche gravi, e potenzialmente devastanti. Era il 2007 quando commentai su un quotidiano piacentino la pubblicazione del libro “L’inganno delle diete” di Giorgio Calabrese, integrando il servizio con un articolo chiesto al mio amico Giovanni Fassina, docente di medicina legale all’università di Pavia. Fassina mi riferì in tale occasione di avere una volta praticato un’autopsia su una donna morta a causa del deficit immunitario causato da una dieta dimagrante intrapresa di spontanea iniziativa, per cui il banale ascesso di un dente, nonostante il trattamento con antibiotici, si trasformò in setticemia letale.

In tutti gli altri casi in cui ci sia una sufficiente dose di buonsenso per bilanciare le calorie con una dieta variata, e basata sulla oramai arcinota “piramide alimentare”, se si vuole approfondire, resta comunque molto da fare. Il tema diventa allora quello dei metaboliti secondari, cioè quelle molecole contenute negli alimenti dotate di attività specifica una volta entrate nel corpo. Anche alcune di queste molecole indirettamente possono regolare il metabolismo energetico, ma molte altre di esse presiedono all’equilibrio psicofisico, e al mantenimento di buoni livelli di immunità.

Se l’attenzione nei confronti di questi alimenti funzionali, da parte di alcune persone maggiormente informate sta crescendo, non si può certo dire che si sia raggiunto il benché minimo livello di una conoscenza sistematica tale da rendere consapevole il loro comportamento alimentare. Infatti le conoscenze sono diffuse in modo occasionale e frammentario, quasi sempre al fine di promuovere integratori e probiotici, e quasi mai spiegando a sufficienza, neppure da parte della stampa cosiddetta specializzata, il meccanismo d’azione di tali alimenti.

Insomma, si è forse scesi più nel dettaglio, nel capire che i nutrienti non sono solo delle riserve caloriche che vengono anabolizzate dal corpo in altre sostanze, o catabolizzate attraverso il movimento e la dissipazione di calore; ma si è rimasti ai livelli di una conoscenza mediocre di alcuni alimenti che si sa che “fanno bene” (oppure male) a questo o a quello, ma si resta ben lungi dal sapere nemmeno approssimativamente il come o il perché. Si comprano al supermercato i probiotici, ma poi non si sa la differenza tra pro-biotico e pre-biotico; appena si vengono a sapere le proprietà di una certa verdura la si mangia per un certo periodo, poi ci si dimentica, e si passa alla prossima “scoperta” per un altro periodo limitato… il tutto casualmente e sporadicamente… Tale atteggiamento ovviamente non è pericoloso, ma sostanzialmente inutile.

Oltralpe però sono meglio informati, e sarebbe il colmo non offrire al turista mitteleuropeo che scende a gustare i prodotti agricoli nostrani una conoscenza adeguata alla sua preparazione culturale: da quelle parti sanno bene che l’uomo non è solo un prodotto termodinamico, ma è soprattutto soggetto informazionale, così come termodinamica, e informazionale è la sua fisiologia.


 

Riccardo Panigada

Direttore responsabile:

Negli anni '80, mentre è ricercatore nel campo della bioingegneria, pone le basi per la teoria dell'Onfene (Manzotti-Tagliasco), e collabora a diverse testate tra cui «Il Sole 24 Ore», «Il Corriere Medico», «Brain», «Watt». È giornalista professionista, membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis), e la sua originalità è quella di filtrare la divulgazione scientifica attraverso la riflessione epistemologica. E' inoltre docente di Filosofia e Scienze Umane nei licei.

Ha pubblicato: Il percorso dei sensi e la storia dell’arte (Swan, 2012); Le neuroscienze all'origine delle scienze umane (Cleup, 2016).

Attualmente sta lavorando a un nuovo saggio in tema di Psicologia cognitiva alla luce delle neuroscienze.

Dirige anche Tempo e Arte (tempoearte.it).