Se il chiaro-scuro, fondamentalmente, è pittura, il di-segno è trasparenza della mente*

“Certamente, nel disegno anatomico, il vero è presente come base di partenza, ma il modo di avvicinarsi alla forma deve essere sempre un intervento di tipo ricostruttivo di una unità, al fine di salvaguardare il rapporto di relazione delle le parti nel tutto…, la tradizione vuole invece che si disegni dal vero procedendo per parti, ovvero copiando ogni elemento in maniera statica, senza che ogni parte del disegno possa essere interpretata nel complesso di un pensiero organizzativo comune a tutte le forme”: con queste parole che annunciano la sua impostazione artistica decisamente rivoluzionaria, il professor Mauro Zocchetta, docente di Anatomia artistica presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia, accoglie Scienzaveneto, nell’aula in cui i suoi discepoli sono intenti al disegno sotto la sua diretta supervisione.

Mauro Zocchetta
Mauro Zocchetta

Così come in medicina ci sono voluti molti anni perché qualcuno iniziasse a tentare di superare l’impostazione meccanicistica e riduzionista, proponendo una interpretazione olistica del corpo umano, anche nel disegno anatomico del corpo (elemento che pur viene idealmente percepito nella sua interezza reale, poiché nella vita quotidiana si incontrano persone, e non singole membra assemblate), la tradizionale tendenza all’illustrazione degli organi come parti a sé stanti, ha ostacolato l’emergere di atteggiamenti disegnativi maggiormente naturali.

Condizione imprescindibile dalla vita, concetto di riferimento ovvio e fondamentale in medicina quanto nell’arte, è invece l’organizzazione degli organi, che consente l’individuazione, quanto il regolare funzionamento fisiologico degli apparati nonché quello omeostatico del sistema corpo.

Modello plastico di Isacco Alberti
Modello plastico di Isacco Alberti

Forse il sapere medico è rimasto tanto tempo in difficoltà di fronte al corpo, proprio perché dall’antichità, almeno fino a Vesalio, il corpo era così difficile da dissecare rispettando organi che prepotentemente si presentavano collegati nella loro continuità: difficoltà derivante dall’atteggiamento analitico della cultura occidentale, sempre tesa a frammentare per poter classificare, e, quindi, interpretare e capire, solo dopo l’avvenuto isolamento in parti di un problema complesso. L’abilità e la grandezza di Vesalio è stata quella di capire dove, nonostante la continuità, fosse maggiormente plausibile tagliare per isolare gli organi, consentendo ai posteri di procedere con il tradizionale atteggiamento analitico degli studi di tutte le altre discipline, anche all’interpretazione analitica del corpo umano. In epoca contemporanea, col progresso tecnologico che ha portato a vedere sempre più nel dettaglio il corpo, ed esasperato la divisione tra specialità mediche, anche il disegno anatomico al servizio della scienza ha continuato a procedere secondo un atteggiamento prettamente analitico, privilegiando l’illustrazione nei minimi dettagli di ogni singolo organo, fino all’ultrastruttura di esso.

Si può dire, quindi, che solo presso la scuola di anatomia artistica dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, nata per iniziativa di Nedo Fiorentin, maestro di Zocchetta, si sia affermata un’impostazione nettamente differente.

“Ciò è avvenuto – rileva Zocchetta – in un periodo in cui, chi insegnava disegno anatomico erano medici, mentre Nedo era una anomalia essendo artista. A Venezia Fiorentin ha introdotto un punto di vista diverso e rivoluzionario, in quanto pensava “in forme”, e ha iniziato a costruire una disciplina che fosse a uso degli artisti, insegnando a ricostruire le forme nello spazio. Egli aveva maturato le proprie conoscenze attraverso un percorso di formazione che guardava a Nord: suo punto di riferimento era Durer con i suoi ragionamenti sulle sezioni, sulle stereometrie, sulle volumetrie, insomma per tutto quel tipo di educazione alla forma plastica… quasi un esercizio disegnativo orientato alla scultura. Nedo Fiorentin, negli anni ’70-’80 del secolo scorso (ovvero in quel periodo storico iconoclasta del disegno astratto, quando chi copiava, copiava sempre peggio) ha sapientemente portato lo sguardo derivante dalla sua formazione a spostarsi sul disegno anatomico, rompendo con tutta la tradizione fondamentalmente italiana della copia sterile verista… Copia sterile in quanto in una dimensione contemporanea, dove il tempo dedicato alla pratica è ridotto, solamente chi è veramente dotato può emergere: la copia dal vero dell’800 richiedeva infatti una pratica quotidiana assidua e continua”.

Disegno di Giada Tonello
Disegno di Giada Tonello

A Venezia venne quindi creata una nicchia, isolata dalle altre scuole poiché un atteggiamento figurativo nel disegno anatomico era, soprattutto in quel periodo, consensualmente considerato una vera e propria eresia. Invece il risultato che oggi si può apprezzare è quello che deriva dalla invenzione di una possibilità didattica, che ha consentito di reagire con risposte efficaci a un momento storico che rischiava di opacizzare il disegno.

E lo dimostra il fatto che i disegnatori anatomici, in genere legati a vecchie tradizioni di scuola bolognese, non sembra che abbiano saputo produrre molti libri di qualità continuando a copiare i disegni del Gray.

“Peraltro qui all’Accademia – osserva Zocchetta – non interessava certo l’impostazione dell’illustratore, il disegno anatomico è funzionale e propedeutico unicamente alla qualità del disegno artistico che emerge successivamente, e, che, nel disegno anatomico inizia in ogni studente a rivelarsi gradualmente attraverso un suo atteggiamento di approccio individuale alla forma, nel rispetto della tecnica”.

(*) – Titolo tratto da una frase pronunciata dal professor Zocchetta nel corso dell’intervista.

Redazione

La redazione di Scienzaveneto.it