LA DAD: PROBLEMATICHE DI PROSSEMICA, TRANSFERT, NEUROANATOMIA

Si fa un gran parlare dei problemi che la Dad comporta, si ripetono ovvietà, si rilevano problematiche di tipo tecnologico, o che riguardano l’atteggiamento poco responsabile dei ragazzi, o quelle inerenti alla difficoltà dei docenti a ottenere un feed-back efficace dagli alunni attraverso espressioni rivelate da quei loro piccoli volti distribuiti sul monitor del computer della scuola. Oppure si afferma genericamente a gran voce: “ma comunque non può essere la stessa cosa delle lezioni in presenza!”.

Non mi pare che finora nessuno abbia mai individuato chiaramente il vero problema, il vero valore aggiunto della presenza rispetto alla distanza. Si chiama prossemica. E non si tratta solo del pur rilevante valore del contesto, o di quello della opportunità di cogliere l’espressione smarrita di un alunno che a un certo punto ci fa interrompere una spiegazione per fare un passo indietro, capendo che i concetti espressi vanno anche illustrati con uno schema sulla lim (o lavagna che sia).

La prossemica è a tutt’oggi scienza di competenza di psicologi, sociologi, antropologi, etnologi e architetti progettisti di spazi sociali, ma nelle scuole non se ne è mai sentito parlare.
In realtà è costituita da fattori culturali, ma anche individuali diversi per ciascuno: definisce quello spazio che ciascuna persona percepisce istintivamente intorno a sé come spazio intimo, da non lasciare occupare a nessuno (a meno che non si tratti di persone del più stretto nucleo famigliare); e individua poi misure via via più allargate, per definire altri settori dello spazio fisico che ci circonda, rispettivamente definiti come spazio personale, spazio sociale e spazio pubblico (1).

Quanto tale scienza possa spiegare alcuni aspetti inerenti alla didattica lo sanno bene sia gli alunni, sia i docenti. La presenza fisica di un insegnante che si china a fianco del banco di uno studente per controllare gli appunti che ha appena preso sul quaderno, correggendoli, determina in quell’alunno un ricordo mille volte più efficace rispetto a un’identica correzione rivolta a tutta la classe ed eseguita alla lavagna. Figurarsi se la correzione viene eseguita in Dad (ammesso che in tale circostanza l’insegnante sia in grado di rilevare la necessità di farla).

Ma come mai? Insieme alla prossemica, bisogna prendere in considerazione un altro termine di pertinenza delle scienze psicosociologiche che la prossemica consente: il transfert (2). Tale termine si riferisce a quella particolarissima situazione emotiva, conseguente all’empatia che si instaura durante un buon incontro tra amici, tra genitori e figli, tra innamorati, ma anche tra medico e paziente, tra insegnanti e studenti, e che ne favorisce i rapporti.
Si tratta di qualcosa che certe volte è solo spontaneo, conseguente a una buona intesa, che dispone le persone in una condizione mentale di serenità, ideale per lo scambio comunicativo, e che, parlando del rapporto maestro-discepolo, favorisce l’acquisizione di conoscenze stabilizzandole a livello profondo nella memoria, tanto che quelle conoscenze potranno venire a far parte della stessa personalità del discente.

Ma perché avvenga tale fenomeno, che mette in moto nel nostro corpo i mediatori chimici (ormoni) maggiormente utili a ogni situazione specifica (inerente ai diversi rapporti che si sono visti, in cui il transfert si instaura), è necessario appunto che ci sia empatia e prossimità fisica.
In sostanza, se è ovvio che un insegnante deve essere competente delle proprie materie, e sufficientemente preparato circa le migliori opportunità docimologiche, uno dei problemi maggiori della didattica rimane quello di sapere instaurare un buon rapporto di empatia tra docente e studenti, che sarà quello che determinerà in moltissimi casi il motivo per cui un alunno in età pubere o adolescenziale accoglie favorevolmente, o rifiuta categoricamente un certo insegnamento. Per rendersi conto di quanto ciò sia importante, basti rilevare che anche discenti adulti e molto motivati a imparare soffriranno parecchio se saranno costretti a seguire corsi di aggiornamento il cui tutor non sappia instaurare con loro un buon rapporto di empatia.

Le immagini a corredo del presente articolo rappresentano aule dell'Istituto Tecnico Agrario Domenico Sartor di Castelfranco Veneto (per gentile concessione della Dirigente Scolastica prof. A. Alban)
Le immagini a corredo del presente articolo rappresentano aule dell’Istituto Tecnico Agrario Domenico Sartor di Castelfranco Veneto (per gentile concessione della Dirigente, Prof. Antonella Alban)

Inoltre va sottolineato che il transfert non è un fenomeno unidirezionale: anche il medico, il genitore, il docente lo riceve a sua volta dalla controparte, anche quando abbia dovuto esserne stato il promotore, e sia stato lui, grazie alla propria esperienza, e alla propria capacità di autocontrollo, in grado di stabilizzarlo. Ne consegue quindi che la spersonalizzazione della lezione al computer ricade negativamente sulle opportunità del docente di svolgere la medesima ponendo proficuamente in atto le proprie migliori capacità.

Ma torniamo alla Dad. La scuola, tutti lo sanno, è ambiente che informa, ma anche in cui si formano nei giovani discenti le conoscenze, e che condiziona la loro formazione personale, andando a costruire le basi della loro identità personale e sociale durante il periodo di maturazione del loro cervello. La risonanza magnetica funzionale ha recentemente dimostrato che la maturazione del cervello, il nostro Sistema nervoso centrale, (Snc) riguarda quel periodo in cui nell’Snc si formano e si stabilizzano fasci nervosi che supporteranno le nostre conoscenze e i nostri comportamenti per tutta la vita, mentre moltissime altre opportunità andranno irrimediabilmente perse. Infatti durante la maturazione del cervello i fasci nervosi che si formano vengono progressivamente rivestiti da un isolante chiamato “mielina”, mentre un altro fenomeno detto “potatura delle sinapsi” comporta l’impossibilità di facilitare la costruzione di altre reti neuronali a maturazione ultimata (ovvero dopo i 22-23 anni).

È quindi soprattutto per tali motivi che lunghi periodi di scuola in Dad possono rivelarsi disastrosi, oltre che per tutte le altre motivazioni fin troppo note e scontate, come quella della mancanza di socializzazione tra compagni di classe, che si sente abbondantemente ripetere alla televisione.
In sostanza pretendere dagli adolescenti a cui manca prossimità e transfert la capacità di responsabilizzarsi fino al punto di concentrarsi durante lezioni da remoto, non soltanto è affare serio per i motivi neurofisiologici appena accennati; ma, la Dad, se dovesse ancora ripresentarsi come unica opportunità per frequentare la scuola, e protrarsi a lungo, determinerebbe gravi danni neuroanatomici in giovani cervelli in formazione.

Note

(1) – cfr.: Edward T. Hall, La dimensione nascosta. Il significato delle distanze tra i soggetti umani, Bompiani, Milano, 1968.

(2) – in tedesco Übertragung, concetto introdotto da Sigmund Freud nel 1895.

(3) – cfr: A. Berthoz, Semplessità, Codice edizioni, Torino. 2011 (ed. originale: 2009).

Riccardo Panigada

Direttore responsabile:

Negli anni '80, mentre è ricercatore nel campo della bioingegneria, pone le basi per la teoria dell'Onfene (Manzotti-Tagliasco), e collabora a diverse testate tra cui «Il Sole 24 Ore», «Il Corriere Medico», «Brain», «Watt». È giornalista professionista, membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis), e la sua originalità è quella di filtrare la divulgazione scientifica attraverso la riflessione epistemologica. E' inoltre docente di Filosofia e Scienze Umane nei licei.

Ha pubblicato: Il percorso dei sensi e la storia dell’arte (Swan, 2012); Le neuroscienze all'origine delle scienze umane (Cleup, 2016).

Attualmente sta lavorando a un nuovo saggio in tema di Psicologia cognitiva alla luce delle neuroscienze.

Dirige anche Tempo e Arte (tempoearte.it).