LE CAUSE DELLA CARENZA RICETTIVA DELLE TERAPIE INTENSIVE, DEL CROLLO DELLA BORSA E DELLA CULTURA AI TEMPI DEL CORONAVIRUS

E’ nei momenti critici che affiorano carenze che nella moderna società civile non dovrebbero esistere nel modo più assoluto.
“Lo sciame virale che sta attraversando la popolazione della Terra” – per dirla con le parole di Ilaria Capua (cfr. l’edizione online de: “Il Corriere della Sera” Cronache, 7 marzo 2020) – potrà riservarci sorprese che non possiamo prevedere”. Ma ciò che in un paese civile dotato di un moderno ed efficiente sistema sanitario, la possibilità che uno sciame del genere possa arrivare, è fatto assolutamente prevedibile, e non è ammissibile che possa cogliere tanto impreparati, almeno per quanto riguarda le carenze strutturali.
Andando a vedere che cosa abitualmente le terapie intensive devono gestire, si vedrà che molti posti letto sono occupati da malati di cancro. Ma quanti sono ogni giorno le nuove diagnosi di cancro e le quotidiane morti a causa di questa patologia tanto terribile, quanto ormai accettata come scomoda inesorabile minaccia? e quali misure dal punto di vista della prevenzione si sono messe in atto negli ultimi anni in Italia (almeno da quando se ne sono dimostrati incontrovertibilmente i principali fattori patogenetici ambientali e quelli dovuti a cattive abitudini) per limitarla? A fronte di mille nuove diagnosi di tumore al giorno nel 2018, e quasi cinquecento morti al giorno che dal 2015 continuano ad aumentare (Cfr.: https://www.aiom.it/wp-content/uploads/2018/08/20180927RM_01_Gori.pdf ), nessuna misura, o quasi nessuna.
Diciamo quasi nessuna, perché le campagne divulgative di comunicazione sono molto rare e strategicamente inefficaci, perché alla Sanità ci sono stati solo due ministri medici (chissà come mai), che sono stati gli unici a fare un po’ di guerra al fumo (De Lorenzo, 1989-’93, e Veronesi, 2000-2001), riuscendo a vietarlo nei luoghi pubblici confinati e negli uffici. Ma, per il resto, nel nostro Paese vige uno strano intendimento circa la parola “libertà individuale”: intendimento strano poiché include la ben poco logica possibilità di nuocere a se stessi, e la, ancor meno morale, possibilità di non preoccuparsi che il proprio comportamento possa nuocere anche ad altri (in primis le amate persone di famiglia che vivono tra le mura della stessa casa del fumatore).
Però, chi è giustamente libero di andarsi a divertire a scalare le montagne, se si trova nelle condizioni di venire soccorso dal Soccorso Alpino, deve altrettanto giustamente pagare gli altissimi costi del proprio recupero, in quanto, appunto (logicamente) per deliberata scelta, il nostro imprudente alpinista si andò a mettere in condizioni di pericolo, per cui poco morale sarebbe farne pagare le conseguenze economiche alla collettività.
Ormai non vi è fumatore che non sfidi scientemente la sorte continuando nel vizio del tabagismo, visto che nessuno può oggi non sapere che il fumo provoca il cancro. Perché allora non dovrebbe essere lui a pagare le spese della propria cura, se vi saranno le prove incontrovertibili che ha contratto una patologia causata dalle sigarette? se un’assicurazione sanitaria privata non gli pagherà le spese di una clinica privata, perché lo stato con i soldi dei contribuenti deve continuare a pagargli il ricovero nei pubblici ospedali?
Peccato che nessun politico si sognerebbe mai in Italia di proporre di far pagare ai tabagisti le spese per curarsi: ne andrebbe della sua popolarità, in quanto il ragionamento incontrovertibilmente apodittico di un suo sensato provvedimento in proposito (che sarebbe assai efficace per convincere molti fumatori ad abbandonare il vizio, salvando la loro salute, e altrettanto opportuno per le casse dello stato), andrebbe appunto contro la strana interpretazione paralogistica che definisce la “libertà” in termini di facoltà di far del male a se stessi e ad altri, pretendendo poi, di venire comunque assistiti con gli stessi diritti di chi resti suo malgrado vittima di un incidente impossibile da prevedere. Per non parlare della scarsa attenzione pubblica a riguardo delle altre cause ambientali di cancro…
Infatti, per portare solo un esempio in proposito, ricorderemo che diversi anni fa, un amico chirurgo, primario a quel tempo in un ospedale situato in zona prealpina mi disse che il suo mestiere era fondamentalmente quello di operare il cancro al colon, patologia con una incidenza locale altissima rispetto al resto d’Italia. La causa doveva essere “probabilmente” il radon, che rendeva radioattiva l’acqua che si beveva, e con la quale si cucinava in quella zona. Alla mia domanda su come mai l’azienda sanitaria locale non avesse fatto opportune rilevazioni, prendendo gli opportuni provvedimenti, il mio amico mi rispose con un sorrisetto che mi fece sentire un po’ ingenuo, ma, poco dopo, aprendo le braccia, come per raccontarmi una barzelletta mi disse: – sai i costi della sanità ci sono, ma l’ospedale così fattura, e poi… saranno comunque pensioni in meno che lo stato dovrà pagare…
Allora capii anche che le persone che andavano a quei tempi sostenendo che sarebbe stato meglio sotto tutti i punti di vista proibire il fumo con misure draconiane, poiché allo stato non conveniva spendere soldi in sanità per i cancri conseguenti al fumo, in quanto il monopolio guadagnava certamente meno dalla vendita delle sigarette, di quanto non dovesse poi spendere per ogni fumatore malato, non avevano forse tenuto conto di tutti i fattori economici in causa…
Il fatto è che il cancro esiste da sempre, sempre esisterà (la mortalità dovuta a carcinomi è in aumento nonostante i notevolissimi progressi delle scienze biomediche che ne rendono sempre più tipologie curabili e guaribili), e quindi fa parte dell’immaginario collettivo; insomma è un male strutturale della società, ormai considerato inevitabile odioso compagno della nostra quotidianità.
Un virus influenzale un po’ più virulento e più contagioso del solito che arriva all’improvviso, no. Quindi i politici devono fare salti mortali per proteggere la popolazione nonostante le carenze esistenti (e far vedere che si danno veramente da fare per la collettività). Ma proprio non si poteva pensare prima che un rischio del genere (peraltro dopo che i virus H1N1, Sars, ed Ebola se ne erano andati largamente a spasso per il pianeta), potesse arrivare tra capo e collo, e farsi trovare già attrezzati e preparati? Non potrebbe essere il caso di cominciare a prepararsi quindi ora per il futuro, magari, solo per fare un piccolo esempio, a cominciare dalla prevenzione seriamente orientata a dissuadere in modo efficace dai comportamenti antisalutari, e a mettere finalmente in campo le misure per limitare le emissioni cancerogene di cui da anni si parla, e di cui si dispone, guadagnando in salute pubblica? ci sarebbero poi anche più posti letto nelle terapie intensive, utili ad affrontare le emergenze straordinarie, senza bisogno di convertire i corridoi degli ospedali.
E si sono fatte le opportune valutazioni economiche di costi/benefici? ora si sta fermando il Paese… per quante settimane ancora? si sono prese in considerazione le ripercussioni che le attuali misure di segregazione imposte dal governo potranno esserci sulle fasce di lavoratori meno protetti (e forse nemmeno riconosciuti come tali) che perderanno il lavoro? ci saranno suicidi per questo? le borse, il cui andamento dipende notoriamente moltissimo dalla comunicazione del rischio percepito (e non da quello reale) sono arrivate a perdere qualcosa come l’11%, ci sarà una recessione che taglierà posti di lavoro?
Sicuramente, come noto, decidere ipotizzando l’andamento di molteplici variabili future poco prevedibili non è cosa facile, e chi decidendo passa all’opera, inevitabilmente in qualcosa sbaglierà, e diventerà presto soggetto alle critiche di chi non avendo ruoli decisionali, può permettersi il lusso di dire col senno di poi “si poteva fare meglio”…
Per parlare del presente, ora non si poteva (forse) fare altrimenti, e comunque le nostre considerazioni vogliono essere solo costruttive, attenendoci al mestiere di cui siamo competenti: la comunicazione orientata alla prevenzione, nel momento attuale e per quanto riguarda il futuro.
1) – Abbiamo iniziato l’articolo parlando di un ipotetico Paese civile e moderno, intendendo che a tale modello ci si deve aspettare che aderisca l’Italia:
Il momento attuale deve allora portare un Paese civile a riflettere sull’importanza dei provvedimenti abituali da prendere, e quindi pensare sùbito anche alla comunicazione adeguata per promuovere campagne vaccinali antinfluenzali veramente efficaci a partire dal prossimo autunno. Infatti, come ha avuto modo di rilevare il professor Walter Ricciardi in una delle prime trasmissioni televisive sull’emergenza Coronavirus: “chi è che arriva nelle terapie intensive? prevalentemente sono gli anziani, e chi non è vaccinato contro la normale influenza? gli anziani”, cioè, per spiegare meglio il messaggio, Ricciardi intendeva sottolineare che l’infezione da Coronavirus risulta (ovviamente) pericolosa in caso di comorbilità ed età avanzata, come ormai tutti hanno capito, e, in sostanza, con una influenza addosso, se si contrae anche il Coronavirus le cose in una persona anziana possono facilmente diventare gravi, mentre una vaccinazione preventiva avrebbe consentito meno ricoveri (più letti disponibili per le emergenze straordinarie), diagnosi differenziali maggiormente precoci e meno vittime.
2) – Abbiamo dichiarato di voler fare considerazioni costruttive e non critiche inutili (che peraltro risulterebbero a loro volta opinabili) agli attuali provvedimenti ministeriali; pertanto, lo ripetiamo, esprimendoci solo in fatto di comunicazione, osserviamo che sono state intraprese, e si continua a portare avanti strategie inadeguate:
Ovvero, per quanto riguarda le campagne di comunicazione rivolte ai giovani e agli adulti, dobbiamo rammaricarci che solo fugacemente è comparso in televisione un cartello delle raccomandazioni governative che conteneva anche quella di svolgere attività fisica all’aria aperta (si veda la figura pubblicata in questo articolo). Mentre tale raccomandazione è decisamente molto importante, poiché, se per il Coronavirus non esiste ancora né una cura, né un vaccino, l’unico modo che abbiamo per contrastarne gli effetti (prima che il virus cominci a darci sintomi e a procurarci malattia, se per caso è entrato nel nostro corpo) è importantissimo il mantenimento del nostro miglior stato di salute possibile, condizione in cui il sistema immunitario può debellare sul nascere il tentativo di nuocerci da parte dei primi antigeni patogeni che ci abbiano infettato, prima che riescano a replicarsi.
Quindi ci risulta sinceramente incomprensibile il motivo per cui, nonostante le continue raccomandazioni di lavarsi costantemente le mani, di soffiarsi il naso con fazzoletti usa e getta, eccetera, non si continui a ricordare anche la necessità di dedicarsi il più possibile ad attività e stili di vita che favoriscano il mantenimento dello stato di salute migliore possibile…
Peraltro, guardando alle osservazioni epidemiologiche e alle statistiche di guarigione comunicate dagli scienziati francesi, si nota che nell’ottanta per cento dei casi lo stato patologico provocato dal Coronavirus va facilmente in remissione, e ciò avviene appunto in persone non dedite al fumo, sane e in forma.
Non sarebbe bene allora fare anche campagne di comunicazione serie ma rassicuranti, del tipo: prendete tutte le precauzioni possibili, ma abbiate fiducia e seguite le raccomandazioni per star bene e in forma, che ben difficilmente vi ammalerete? …potrebbero forse servire a far meno vittime della depressione psicologica nel presente (che notoriamente deprime anche il sistema immunitario), e nel futuro (quelle che potrebbero restare domani senza lavoro a causa della recessione).
Altro errore molto grave di comunicazione: tutti gli psicologi sanno che la mente non obbedisce a comandi negativi. Se direte a vostro figlio che sta imparando ad andare in bici: “non guardare la ruota”, lui guarderà istintivamente la ruota e cadrà per terra; infatti se ora scrivo: “non immaginatevi un asino che vola”, voi, cari lettori, vedrete un asino che vola nella vostra mente. Bene, avete per caso sentito di questi tempi un messaggio diverso da quello che invitasse a NON andare nel panico? riusciamo a leggere sulle prime pagine dei giornali qualcosa che ci faccia PENSARE ANCHE SERENAMENTE AD ALTRO (INVECE CHE AL CORONAVIRUS) CON INVITI ASSERTIVI POSITIVI di questi tempi? Risultato: la gente e le borse sono nel panico, e facilmente si andrà incontro a un lungo periodo di stagnazione, se non di recessione, che si potrebbe quantomeno mitigare semplicemente correggendo il tono e i contenuti della comunicazione.
L’Italia è il Paese della cultura ormai solo nell’immagine e nel ricordo del suo passato, del quale non sembra fare tesoro altro che per i flussi turistici che la visitano. Per il fatto che la genetica e la microbiologia siano ormai dotate di straordinari strumenti sembra che non abbiamo altra opzione se non quella di essere tutti “riduzionisti” e dipendenti dal rimedio galenico o terapeutico che contrasta la minaccia dell’antigene patogeno DOPO ESSERCI – QUASI SEMPRE INCOSCIENTEMENTE – AMMALATI. Ciò significa aver perso in fatto di cultura in senso globale, in ossequio all’enorme fiducia specialistica che la scienza ha saputo guadagnarsi in questi ultimi decenni: ossequio più che meritato, ma al quale non bisogna guardare in modo incondizionato e assoluto quale unica salvezza possibile… diversamente (e non paradossalmente), nonostante le medicine, si diventa molto vulnerabili e non più autosufficienti.

Perché non venga frainteso lo spirito di questo articolo, che non vuole di certo giustificare la carenza di strutture ospedaliere, dovuta a scellerate soppressioni attuate da passati governi, aggiungiamo che per quanto riguarda la prevenzione sanitaria la comunicazione può fare ben poco, ove non sia seguita da opportune azioni dirette di sensibilizzazione fatta di contatti umani, di concrete e strutturate proposte, di misure da porre in campo alternative a comportamenti scorretti. Insomma dovrà trattarsi di progetti di comunicazione basati su campagne culturali interdisciplinari, da portare avanti in tutti i luoghi idonei possibili. Ciò richiederà un inedito impegno di tutte le istituzioni, le quali non saranno certo esonerate anche dal riallestire e mantenere in funzione prima di tutto le più moderne strutture sanitarie (ospedali e apposito personale) in numero ragionevolmente quanto doverosamente ridondante, in modo che siano idonee a far fronte appunto a eventi di natura eccezionale, senza dover costringere medici e infermieri a tradire il Giuramento di Ippocrate. Altrettanto fondamentale (auspicando almeno che la brutta faccenda Coronavirus possa servire come lezione) sarà non prevedere alcuna riduzione sul territorio del numero dei medici di medicina generale, ma, anzi, pensare a un potenziamento del numero degli ambulatori di zona.

Riccardo Panigada

Direttore responsabile:

Negli anni '80, mentre è ricercatore nel campo della bioingegneria, pone le basi per la teoria dell'Onfene (Manzotti-Tagliasco), e collabora a diverse testate tra cui «Il Sole 24 Ore», «Il Corriere Medico», «Brain», «Watt». È giornalista professionista, membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis), e la sua originalità è quella di filtrare la divulgazione scientifica attraverso la riflessione epistemologica. E' inoltre docente di Filosofia e Scienze Umane nei licei.

Ha pubblicato: Il percorso dei sensi e la storia dell’arte (Swan, 2012); Le neuroscienze all'origine delle scienze umane (Cleup, 2016).

Attualmente sta lavorando a un nuovo saggio in tema di Psicologia cognitiva alla luce delle neuroscienze.

Dirige anche Tempo e Arte (tempoearte.it).