scienza

Amore, Arte, Accidia, 3 A dentro al cervello

Si dice che l’amore (dalla radice del verbo greco mao, desiderare) sia “cieco”. Ora, dalla ricerca etimologica, il termine “cieco” deriva invece dal greco skòtos (oscurità), e così, come sempre, la parola anteriore, in quanto parola ulteriore, ci conduce inesorabilmente verso l’ineffabile. E cosa potrebbe esservi di più ineffabile dell’amore? Ma Eros (Socrate insegna) è dàimon  (demone), figlio di penìa (povertà/necessità) e pòros (ingegno strategico/inganno): quale potenza potrebbe essere maggiormente dotata in termini di motivazione e opportunità? Per la cultura greca antica, fondativa della cultura occidentale della razionalità, l’occhio era l’organo sensibile maggiormente attendibile, così come il poeta (la cui radice deriva dal verbo greco poieo = fare, creare) era considerato la massima autorità culturale e civile. Ma la tradizione vuole che il poeta Omero fosse cieco, e che nei suoi poemi utilizzasse (li ha contati Heinrich Schliemann) ben ventisette differenti verbi riferibili alle modalità del vedere/guardare. Morale: il linguaggio razionale dell’indagine conosce limiti espressivi, mentre Omero (che fosse veramente non vedente oppure no) essendo poeta superava certi limiti grazie all’arte (téchne kài areté = [...]